Opliti ateniesi contro opliti spartani by Murray Dahm

Opliti ateniesi contro opliti spartani by Murray Dahm

autore:Murray Dahm [Dahm, Murray]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Leg
pubblicato: 2024-03-14T00:00:00+00:00


Ora all’Antikenmuseum di Berlino (1708), la stele funeraria di Sosia e Cefisodoro è stata rinvenuta ad Atene e mostra due opliti ateniesi. Ciascuno indossa un pilos, una tunica (chitone) e un mantello. Stringono la mano destra nel gesto della dexiosis e portano gli scudi sul braccio sinistro. La figura di sinistra regge anche il fondo della lancia nella mano sinistra, mentre lo scudo è tenuto dalla presa del braccio porpax. (Archivio Vanni/Getty Images)

Gli Ateniesi minacciarono che se Sparta avesse invaso nuovamente l’Attica, i prigionieri sarebbero stati messi a morte (Tucidide 4.41.1), ma ci si aspettava che gli Spartani avrebbero negoziato per il loro rilascio. Gli Ateniesi presidiarono Pilo e da lì e dalla base ateniese di Naupatto furono lanciate incursioni in Laconia. Per gli Spartani, che avevano invaso l’Attica in cinque dei sei anni precedenti, si trattò di un assaggio senza precedenti della loro stessa medicina. Gli eloti iniziarono a disertare: una delle grandi paure degli Spartani, visto che erano così in minoranza rispetto alla popolazione di schiavi. Sparta inviò diversi emissari per negoziare la pace e il ritorno dei prigionieri da Sfacteria, ma Atene, piena di fiducia e di orgoglio, li respinse tutti.

L’arroganza ateniese non era una novità, ma ciò che risulta evidente all’indomani di Sfacteria è che essa poteva accecare Atene su ciò che era meglio per la città. Atene era certamente in vantaggio, ma gli Ateniesi pensavano che quel vantaggio fosse permanente e sprecarono le opportunità che portava con sé. Persuasi dalla retorica di demagoghi ambiziosi (ed egoisti), ma anche da un orgoglio civico che non vedeva la strada pericolosa e distruttiva intrapresa, Atene continuò a combattere.

In un primo momento la sua fiducia fu premiata. Gli eventi di Pilo e Sfacteria erano avvenuti all’inizio della campagna e gli Ateniesi avevano organizzato anche altre incursioni: ottanta navi con duemila opliti e duecento cavalieri furono inviate a Corinto, ma i corinzi erano pronti e in attesa. Nonostante ciò, una battaglia molto combattuta a Solygia si concluse con la vittoria ateniese (Tucidide 4.43-44); i corinzi persero duecentododici uomini, gli Ateniesi meno di cinquanta (Tucidide 4.44.6). Tucidide considera degno di nota (4.44.5) il fatto che i corinzi non riuscirono a recuperare due dei loro morti. Ogni battaglia antica si concludeva con il recupero dei morti, che venivano onorati sul posto o in città. Il breve inciso indica l’importanza attribuita a questo rituale.

Poi gli Ateniesi devastarono il territorio corinzio intorno a Crommio e fortificarono Methana sulla via del ritorno ad Atene. Sofocle ed Eurimedonte raggiunsero Corcira e aiutarono il partito democratico a sconfiggere l’opposizione oligarchica. Rimasero inoltre a guardare mentre i democratici di Corcira mettevano a morte l’opposizione (Tucidide 4.48.1-6). Gli Ateniesi fecero quindi rotta verso la Sicilia. Nell’inverno del 425 a.C. un inviato persiano, Artaferne, fu catturato a Eione, sul fiume Strimone (Tucidide 4.50.1): era diretto a Sparta, un segno di ciò che sarebbe accaduto alla fine della guerra, che era ancora lontana vent’anni. L’inviato fu rimandato a Efeso.

Il più grande segnale che Atene stava sprecando la sua preminenza si ebbe nell’estate del 424 a.



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